L'avevo anticipato ieri... anche se in ritardo di un giorno mi fa piacere scrivere di una mostra inaugurata ieri a Milano alla Galleria Obraz. Survivals di Rossella Poli, a cura di Silvia Bottani.
Ultimamente sto notando una certa tendenza ad esprimermi con quello che cucino - e mangio... Non so se sia normale o meno, sicuramente è una cosa particolare. Per fare un esempio, quando leggo un libro penso ad una preparazione che si associ a quel che ho letto, i cui odori e sapori mi rimandino alle atmosfere in cui il libro in questione mi ha portata: è stato così per esempio con Shantaram (a proposito, devo ancora buttarmi su qualche ricetta indiana, nel frattempo il chai tea bevuto tanto dai protagonisti del libro è entrato con prepotenza della mia selezione di tè quotidiani!). O ancora, se mentre torno da lavoro - pedalando a fatica - vedo uno scorcio di Milano mai notato prima, o sento un profumo particolare, o anche vedo un'immagine che mi colpisce particolarmente, provo a pensare a come trasformarla in un piatto... Poi non sempre il "pensiero" diventa necessariamente un piatto!Quando l'altro giorno stavo leggendo il comunicato stampa di Survivals ho iniziato uno dei miei giri mentali di ispirazione culinaria; inoltre, realizzare una ricetta ispirata alla mostra mi sembrava un modo carino per fare il mio in bocca al lupo a Silvia, che oltre ad essere curatrice della mostra è anche un'amica.
"Una struttura di vetro, scientifica, che potrebbe abitare un laboratorio, contenente elementi chimici, acqua che è mare e aria per il cielo, transustanziati. Si rimestano e fondono attraverso un processo alchemico, che muove il fautore dell’azione verso le stelle. Questa l'origine. Osservo con attenzione: a fianco del ...marchingegno, una valigia, che racchiude altre porzioni di acqua e aria, contenute in due ampolle, un monocolo, una cartina con tracciato l'itinerario per raggiungere la città di Goring La, un curioso strumento per orientare le mappe. Non c’è spazio per i souvenir: il bagaglio è un kit di sopravvivenza, raccoglie dentro sé il necessaire fantastico per un viaggio reale. Valigie che sono altrettanti ponti verso mondi possibili, posti appena un passo a lato del nostro quotidiano; risplendono di simboli, cariche di richiami organici, cuori e cordoni ombelicali rosso porpora o carminio, sono il sangue venoso colmo di impurità o quello che sgorga come sorgente chiara dalle arterie, segnate da blu femminei, sorrette da trasparenze aeree vetrose, affermando un hic et nunc che brucia qualsiasi tentazione di spiritualità. Sono un’affermazione eppure un dialogo aperto: enti attivi, pensati nello svolgersi del tempo, immaginati come compagni di viaggio, da toccare, aprire, usare, rompere, manipolare e reinventare. Lo rivelano le numerose parti di ricambio, presenti in molte valigie, studiate con la meticolosa attenzione dell’ingegnere folle, innamorato della bellezza della macchina. Tutti oggetti accostati e ricombinati secondo regole apparentemente imperscrutabili, che funzionano come dispositivi di desiderio, inquietano, agiscono su chi li possiede con la forza del perturbante. Si tratta di sopravvivenze: l’opera di Rossella Roli, impudica, dismette ogni vanità e intraprende un’ascesa verso la vetta della montagna, verso altri spazi temporali, negli inferi della memoria. Non ci sono oggetti, infatti, slegati dall’azione del ricordare, essi sono naturalmente connotati come macchine del tempo. Materni nel loro proteggerci dall’horror vacui, sono presenze in prima istanza rassicuranti, capaci di ancorarci al reale, talvolta taumaturgiche. Scavalcando l’idea che l’opera d’arte - in particolare quella che ha a che fare con la scultura - necessiti di un luogo fisico determinato con cui discorrere e infrangendo la regola aurea che la vuole sacra, intoccabile, elemento ieratico quando avvolto in fumi metafisici, o semplicemente cinico, quando più connotato di allure contemporanea, l'assemblaggio di Rossella Roli invece è audace nel rinunciare ad uno status prestabilito, non ha paura di essere dipendente dal fruitore, di farsi cosa d’uso quotidiano. Eppure, ogni valigia è uno strumento di salvataggio, una dichiarazione di guerra all’oblio. Non c’è possibilità di rimozione o di stasi, tutto è azione, un corpo di soldato animato da quell’Eros terribile che non ha requie e incessantemente cerca, condannato da un desiderio inappagabile, così come cantato nella “Supplica a mia madre” di Pier Paolo Pasolini:
“Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.”
Questo cake rappresenta il mio bagaglio - kit di sopravvivenza con la sua semplicità, è il mio ponte verso quel mondo possibile che mi attrae - l'India; le mele qui sono le presenze rassicuranti , le mie "macchine del tempo" che mi riconnettono ai ricordi.
Ingredienti:
2 mele
120 g di farina di riso
120 g di farina integrale
3 uova
130 g di zucchero di canna
una tazza di chai tea
30 g di olio extravergine d'oliva leggero e fruttato
una bustina di lievito
50 g di mandorle
50 g di mandorle
20 g di burro
cannella
Sbattere le uova con 110 g di zucchero per una decina di minuti, fino ad avere un composto gonfio e spumoso; aggiungere le farine e il lievito setacciati, il chai tea, l'olio e amalgamare dolcemente con una spatola, bisogna avere un impasto piuttosto gonfio. Aggiungere le mele pulite e tagliate e fettine molto sottili e versare l'impasto in una tortiera leggermente unta. Pestare le mandorle ed unirle al burro e al restante zucchero, amalgamandodita con le dita. Coprire l'impasto con questo composto di burro, zucchero e mandorle sbriciolandolo sulla superficie, spolverizzare un pò di cannella far cuocere in forno caldo a 180° per 35 minuti circa (controllare la cottura facendo la prova dello stecchino).
4 commenti:
ho deciso che la provo.
assolutamente.
ma che sapore ha il chai tea?
Il chai tea è tè nero con chiodi di garofano, cannella, zenzero e cardamomo. è molto profumato e il sapore è speziato (lo so, non sono brava a descrivere i sapori ma non so come altro descriverlo!)
ma quando ce la prepari??? :)
Già mangiata ;-)
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